Oratorio di San Pietro

Ha origini remote la chiesetta che sorge sulla sommità di un dosso sabbioso, in contrada San Pietro, con la facciata rivolta da occidente, verso l’antico palazzo dei Capello: lo testimoniano le pietre romane di recupero utilizzate per la sua costruzione. Anche se è probabile che la chiesetta di San Pietro fosse una delle cappelle soggette alla pieve di Bovolone citate nella bolla di Eugenio III del 1145, il più antico documento in cui viene citata la chiesa risale alla visita pastorale eseguita dal vescovo Ermolao Barbaro nel 1454.

Alla fine del Quattrocento i patrizi veneti Capello acquistarono vasti possedimenti nel territorio Maccacari e Correzzo e nel 1490 un loro rappresentante, Girolamo Capello, estese gli interessi della famiglia al territorio di Bovolone ottenendo dal vescovo Michiel il possesso del fondo Seccavezza mediante una locazione di livello perpetuo. Nel corso del Cinquecento la chiesetta di San Pietro fu protagonista delle vicende testamentarie della famiglia Capello, per il cui lascito, un figlio minore di Francesco Capello, successore di Girolamo, doveva versare al Reverendo Cappellano “ducati 12, formento ml. 12, uve bruente 12, 4 carra di legne, 1 ml di fasoli e doveva mantenere di cere e di frutto tutto quello che aveva bisogno la chiesa. Egli doveva inoltre pagare il Feudo al Vescovo di Verona: soldi 5 di denaro veronese, una libbra di cere, once sei di pevere, l’elemosina al giorno dei morti”. La famiglia Cappello conservò il giuspatronato sulla chiesa di San Pietro fino al secondo quarto dell’Ottocento; intorno alla metà del secolo i Capello provvidero ad una ristrutturazione della chiesa che, nell’occasione, perse la sua fisionomia romanica.

Da un disegno del 1716, si nota un corpo di fabbricato al lato destro della chiesa, identificabile come una navata laterale, un piccolo edificio situato a ridosso della parte posteriore del lato sinistro, l’abside semicircolare e il campanile, posizionato sull’angolo destro della facciata; dalla parte posteriore del lato destro della chiesa si staccava, un edificio di tipo abitativo, impiegato probabilmente come abitazione del cappellano. Nel corso del Settecento l’edificio subì alcune modifiche e demolizioni di parti della sua struttura e, successivamente,  si procedette all’abbellimento della chiesetta.  Essa, infatti, fu corredata di una facciata di aspetto classicheggiante, di un portale rettangolare in tufo lavorato con cornici ad orecchioni, di una serie di paraste ioniche all’interno della navata. Il rifacimento della chiesa di San Pietro sembra voler riprendere, in termini semplificati, i modi adottati qualche anno prima nella parrocchiale di San Biagio. In quegli anni la chiesetta venne dotata di un bell’altare in marmo con l’ara decorata ad ampie volute in rilievo sulla quale poggiano due colonne con capitello composti: sopra di essi siedono due cherubini, mentre al centro della cimasa sporge il Padre Eterno.

L’antica pala dedicata a San Pietro è stata rubata in tempi recenti e sostituita con l’attuale dipinto. Un altare in marmo nella chiesa di san Pietro fu rilevato per la prima volta dal vescovo Innocenzo Liruti nel 1817. Pochi anni dopo, il giuspatronato sulla chiesa passò per eredità alla famiglia Cavalli di Ravenna e così nel 1836 il vescovo Giuseppe Grasser trovò l’Oratorio di San Pietro “… de jure Cavalli Ravennati cum sua dote”. Nel 1866 l’ “Oratorio privato di San Pietro” apparteneva ancora alla famiglia Cavalli ed era intestato al marchese Antonio”.